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Cicli applicativi

Di seguito vediamo più da vicino i nostri cicli di ristrutturazioni degli immobili:

– Restauro di edifici storici.

– Restauro energetico con isolamento termico a cappotto.

– Restauro edifici in ambiente marino.

– Restauro e protezione di edifici in c.a.

– Restauro di edifici soggetti a umidità.

Restauro di edifici storici

Per edificio storico si intende un edificio la cui costruzione sia datata almeno cinquant’anni.

Il principio fondamentale alla base della ristrutturazione di edifici storici è quello di rispettare l’autenticità degli elementi costruttivi e costitutivi dell’edificio, evitando quelle trasformazioni che ne alterino i caratteri.

Dal punto di vista operativo, un ciclo tecnico di restauro di un edificio storico deve tener conto dei seguenti punti fondamentali:

– ricognizione storica dell’edificio: raccolta delle informazioni storico-artistico-amministrative sull’edificio;

– analisi dei materiali impiegati;

– rilievo stratigrafico pittorico con analisi cromatica;

– analisi delle cause interne ed esterne dei fenomeni di degrado e delle criticità riscontrate.

In fase di sopralluogo è fondamentale l’utilizzo di appositi strumenti che consentono di individuare la presenza di umidità nelle murature, la tipologia del materiale costruttivo impiegato, rilevamento di ambienti acido genici, identificazione del tipo di muffe, muschi e licheni, dispersioni termiche, ecc.

Una volta rilevate queste informazioni la ditta affiancata da tecnici proporrà delle soluzioni per i vari comparti analizzati (umidità ascendente, restauro di affreschi, ripresa di stucchi, ecc.) con le specifiche tecniche dei cicli di intervento previsti.

Restauro energetico con isolamenti termico a cappotto

Occorre tener conto che la messa in quiete termica di un edificio, oltre a contribuire al risparmio energetico ed a migliorare il confort abitativo, è una possibilità di restauro dell’edificio.

Intervenire con isolamento termico all’esterno del tipo a “cappotto” può risolvere tanti problemi, anche non prettamente “energetici”. Infatti consente di:

– riparare e proteggere le lesioni di natura termoplastico (molto spesso rinvenibili sulle facciate);

– prevenire il degrado degli intonaci esterni, impedendo la decoesione degli stessi;

– proteggere l’edificio contro le aggressioni degli agenti atmosferici quali pioggia battente, vento, grandine,

– eliminare i fenomeni di condense e muffe.

Oltre a quanto elencato sopra, un isolamento a cappotto aiuta a risolvere o ridurre drasticamente i problemi di carattere energetico.

Dal punto di vista operativo, un ciclo tecnico di restauro di un edificio basato su un sistema di isolamento termico a cappotto deve tener conto dei seguenti punti fondamentali:

– analisi dell’edificio: per analisi dell’edificio si intende di analizzare il valore storico ed architettonico dell’edificio oggetto dei lavori, delle indicazioni teoriche e dei protocolli per il risparmio energetico;

– valutazione della possibilità applicativa di cappotto termico: per questa valutazione occorre valutare diversi aspetti.

Per prima cosa è necessario fare un’analisi dell’intonaco: l’aggrappaggio di materiale isolante è consentito qualora l’intonaco sia portante, quindi parti decoese di intonaco devono essere rimosse e ricostruite con il rispetto del materiale impiegato.

Altra situazione da analizzare è la presenza di sofferenze dell’edificio; per sofferenze si intendono la presenza sul supporto da isolare di muffe, funghi, licheni, rampicanti, umidità di risalita, macchie di umidità imputabili a perdite risanate nel tempo o da risanare.

Al fine di istallare un isolamento termico a cappotto queste problematiche indicate come “sofferenze” devono essere prima trattate ed eliminate.

La presenza di elementi architettonici decorativi su pareti dove si è deciso di istallare un isolamento termico a cappotto non è un limite a tale tipologia di restauro.

Infatti gli elementi decorativi possono essere rimossi e successivamente ricostruiti sul cappotto termico previa fotografia della parere prima dell’intervento, calco degli elementi decorativi e riproduzione dei medesimi con altro materiale (per esempio vetro cellulare) studiato per il sistema a cappotto.

Altra opportunità è quella di un eventuale restauro e valorizzazione degli elementi rimossi con collocazione dei medesimi in idoneo spazio (da valutare sul posto).

Non tutti gli elementi decorativi possono essere riportati su sistema a cappotto; ci si riferisce agli affreschi o elementi pittorici in quanto il cappotto termico è un sistema e per quanto tale è progettato perché tutti i materiali impiegati siano collaudati per resistere alle molteplici tensioni che il manufatto subisce nel tempo (caldo-freddo, gelo-disgelo, sole-pioggia).

Pertanto elementi diversi da quelli collaudati in laboratorio ed in decenni di esperienza possono comportare rischi di danni al sistema a cappotto; è proprio per questo che sono stati realizzati elementi decorativi specifici per il cappotto quali marcapiani o mattoncini faccia a vista.

Ultimo aspetto da tener conto per la posa in opera del cappotto termico è lo spessore del cappotto, o meglio le migliorie necessarie in funzione dello spessore del cappotto.

E’ competenza del progettista energetico stabilire ai fini energetici lo spessore del pannello, ma occorre tener conto in funzione dello spessore del cappotto dell’adeguamento delle soglie di balconi e finestre già in essere, del risvolto del cappotto sulla spalletta interna di tutte le aperture (porte, finestre), dei canali di scolo o di tubi di gas e di tutti gli altri elementi esterni.

Restauro edifici in ambiente marino

Il restauro e la manutenzione degli edifici situati in prossimità dei litorali marini deve tener conto delle situazioni alle quali sono soggetti:

– presenza di aria con sali polverizzati;

– azione del vento

– presenza di umidità persistente, soprattutto nei periodi invernali e nelle ore notturne con fenomeni tipici di rugiada sulle superfici;

– azioni combinate di umidità e depositi salini che penetrano e ricristallizzano all’interno dei rivestimenti e degli intonaci;

– depositi di salsedine;

– intonaci esistenti con elevato contenuto di sali solubili;

– murature esistenti con elevato contenuto di sali per fenomeni di risalita capillare;

– elevate escursioni termiche;

– effetto dell’irraggiamento solare riverberato dall’acqua sulle superfici fronte mare;

– eventuali fenomeni di risalita capillare di acque marine (salate) con elevata azione disgregante;

– eventuale azione meccanica delle onde, sulle superfici fronte mare.

A cause delle forti sollecitazioni a cui sono esposti gli edifici in ambiente marino, un ciclo tecnico di restauro e manutenzione prevede l’utilizzo di materiali specifici. In particolare:

– gli intonaci devono essere resistenti alle aggressioni saline, rispettivamente dall’esterno e dall’interno;

– le rasature e gli strati di intonaco sulle superfici più sollecitate meccanicamente o soggette a forti sbalzi termici devono essere armati con rete che ne aumentino la coesione e la resistenza a trazione, oppure fibrorinforzati;

– le finiture e i protetti devono essere in grado di lasciare le superfici pulite e di resistere alle piogge e all’acqua, devono essere molto traspiranti in modo da permettere lo smaltimento dell’eventuale rugiada, e devono essere molto idrorepellenti in modo da limitare il deposito di sostanze saline e permettere il loro dilavamento con la pioggia.

Pertanto per restaura edifici in ambiente marino, esistono due tipologie di intervento:

– facciata “traspirante”: la realizzazione di facciate traspiranti consiste nel realizzare facciate in grado di limitare o confinare la trasmigrazione di sali delle murature esistenti, consentendo lo smaltimento di condense superficiali esterne e allo stesso tempo limitando la penetrazione di acqua piovana con una elevata idrorepellenza superficiale.

Le fasi applicative dell’intonaco macroporoso prevedono la demolizione del vecchio intonaco deteriorato e la realizzazione di un nuovo intonaco di adeguato spessore, che in alcuni casi può essere armato al suo interno con rete in fibra di vetro antialcalina o rete porta intonaco in acciaio inox.

La successiva rasatura sullo strato macroporoso dovrà essere eseguita con un rasante traspirante generalmente a base di calce o calce e cemento.

E’ possibile prevedere un’armatura con rete in fibra di vetro antialcalina.

Infine la protezione superficiale sarà eseguita con un ciclo di pitturazione di tipo silossanico realizzato in funzione dell’aggressività dell’ambiente: rivestimento silossanico a spessore per zone soggette a forte vento in modo da aumentare la durata dello strato protettivo o cicli ad azione idrorepellente per zone con forte presenza di umidità e aerosol marino soprattutto su zone protette (sotto cornicioni, sotto balconi) dove è minore l’azione della pioggia e dove è possibile l’accumulo di depositi salini.

– facciata “barriera”: la realizzazione di facciate di barriera consiste nel realizzare facciate impermeabili all’esterno che impediscono la penetrazione di acqua (e dunque di sale).

La facciata di tipo barriera può essere realizzata su piccole superfici di murature antiche, per esempio i basamenti fronte mare dove è possibile la sollecitazione delle onde marine; in queste zone non è possibile realizzare una facciata di tipo traspirante perché ci sarebbe il rischio di intasamento delle porosità con l’acqua del mare e la disgregazione del sistema.

Gli intonaci idonei a questo scopo sono costituiti da leganti cementizi e sono molto chiusi (poco o per nulla traspiranti) e generalmente rigidi.

E’ spesso consigliabile armare con una rete idonea in fibra di vetro antialcalina gli intonaci di tipo barriera; infine il ciclo di finitura dovrà essere di tipo filmogeno a media traspirabilità.

Restauro e protezione di edifici in c.a.

Il restauro e la manutenzione degli edifici con struttura in c.a. deve tener conto dell’aggressività dell’ambiente nel quale sono posti con riferimento alle sollecitazioni a cui sono esposti.

Infatti ogni struttura in calcestruzzo ha una durabilità dipendente da 3 fattori:

– corretta progettazione, in funzione dell’ambiente in cui il manufatto è posto;

– corretta esecuzione con rispetto delle prescrizioni e utilizzo dei materiali idonei;

– aggressività dell’ambiente.

Per intervenire su facciate in c.a. occorre seguire diverse fasi:

– fasi diagnostiche: la diagnosi dello stato di degrado dell’edificio è la parte preliminare fondamentale per impostare un ciclo di intervento di restauro.

Esistono indagini di vario genere, visiva, manuale o più approfondito con l’utilizzo di attrezzi e strumenti specifici.

Esempi di diagnosi dello stato di degrado sono l’indagine diretta mediante picchettatura, fotografica con termo camera, carotaggi per valutare resistenze meccaniche e copri ferro, profondità di carbonatazione, profondità e concentrazione dei cloruri, tenore dei solfati, mappatura di potenziale, prove sclerometriche per valutare le resistente meccaniche.

– fase progettuale: le fasi progettuali dovranno distinguere le parti in cui gli interventi da eseguire saranno di carattere ricostruttivo e protettivo e le parti in cui invece sarà necessario integrare gli interventi con parti strutturali.

Nel secondo caso sarà quindi necessario verificare la possibilità di andare in coazione (collaborazione meccanica) le parti nuove e le parti vecchie rimaste. La fase progettuale pertanto dovrà stabilire i punti su cui intervenire, le modalità e i materiali previsti.

– fasi operative: le fasi operative per il risanamento del c.a. consistono nell’asportazione del calcestruzzo ammalorato, eventuale inserimento di armature aggiuntive, pulizia delle vecchie armature scoperte, pulizia e saturazione del calcestruzzo di supporto, applicazione dei prodotti di ripristino (malte specifiche), lisciatura, frattazza tura e stagionatura.

Nessun intervento di restauro di strutture in calcestruzzo può dirsi concluso con garanzie di durabilità senza un ciclo di protezione idoneo che può essere fatto con protettivo coprente, semi-coprente e trasparente oppure con protettivo coprente elastico.

– controlli: il controllo del restauro è anch’essa una delle fasi fondamentali per attestare la riuscita del restauro; infatti occorre eseguire accurati controlli prima dell’inizio dei lavori sul processo esecutivo, le attrezzature e i materiali che si andranno ad utilizzare, in corso d’opera per verificare sia le fasi esecutive che i materiali, e sulle opere finite per verificare aree, spessori, aderenza e continuità delle superfici.

Restauro di edifici soggetti a umidità di risalita

Una delle principali cause di degrado degli edifici è l’umidità nelle murature portanti, di partizione o di tamponamento, nelle coperture e nelle strutture orizzontali in genere.

Per intervenire su un fenomeno di umidità di risalita occorre agire nelle seguenti modalità:

– analisi dell’edificio consistente nelle misurazioni dei livelli di umidità con igrometro;

– diagnosi che consente di individuare la provenienza e le cause dei fenomeni di umidità, di prevedere l’andamento e la progressione del degrado, di determinare le modalità di intervento e di determinare le aree su cui intervenire;

– progettare la soluzione più adatta per intervenire e sconfiggere il problema di umidità.

Al fine di combattere il problema di umidità, esistono due tipologie di interventi:

– interventi sull’edificio: questi interventi devono essere tesi a eliminare o limitare fortemente l’afflusso di acqua nelle murature.

Per fare ciò occorre intervenire sulle cause e quindi riparare le protezioni dalle acque meteoriche, eliminare le cause di infiltrazioni ed eliminare le cause di condensazione (per esempio isolando termicamente le superfici).

I possibili rimedi per eliminare o ridurre l’umidità di risalita dal terreno circostante l’edificio, non potendo isolare l’edificio dal terreno, possono essere costituiti dalla realizzazione di veri e propri canali per convogliare le acque ed impedire la bagnatura delle murature di ambito esterno.

I sistemi di drenaggio delle acque all’esterno del perimetro dell’edificio possono essere suddivisi in più categorie:

– sistema con trincea aperta: consiste nel realizzare un vero e proprio fossato tutto attorno all’edificio;

– sistema con trincea drenante: consiste nel realizzare una trincea di tipo chiuso che sia in grado di drenare l’acqua piovana tutto intorno all’edificio;

– sistema con camera d’aria: consiste nel realizzare la trincea aperta e la si copre con strutture orizzontali;

– sistema con trincea drenante e camere di ventilazione: consiste nel realizzare sistemi misti dove a strati drenanti sono alternati spazi vuoti per permettere la ventilazione.

– interventi sulle murature: questi interventi sono volti a impedire o limitare la risalita capillare attraverso le sezioni murarie e ricostruire gli intonaci evitando di cortocircuitare il taglio effettuato, oppure favorire l’evaporazione superficiale dell’umidità e localizzare la cristallizzazione dei Sali sotto la superficie degli intonaci.

In entrambi i casi sono fondamentali gli intonaci di riparazione costituiti da malte macroporose. Relativamente agli interventi sulle murature ci sono diverse tipologie di lavorazioni:

– sbarramento orizzontale mediante taglio meccanico: consiste nella demolizione degli intonaci a cavallo della linea di taglio, taglio meccanico della muratura, inserimento di lamina metallica o il materiale plastico, ricostruzione degli intonaci con malte impermeabili sotto e macroporose sopra e rifilatura della lamina che rimane a vista.

– sbarramento orizzontale mediante iniezioni: consiste nell’iniezione di resine nella muratura previa demolizione degli intonaci degradati dall’umidità, iniezione delle resine idrofobizzanti a caduta o a pressione e rifacimento degli intonaci con malte impermeabili sotto e macroporose sopra.

– rifacimento di intonaci con malte macroporose: la conformazione di queste malte macroporose con sui vengono ricostruiti gli intonaci consente la trasformazione dell’acqua liquida in vapore e, date le grandi capacità diffusive, ne agevola l’eliminazione all’esterno.

In pratica si realizza una superficie interna all’intonaco dove i sali possono cristallizzare senza provocare danni né all’intonaco né alle finiture, e una superficie esterna dove viene favorita l’evaporazione dell’umidità contenuta nella muratura.

Fondamentale è necessario dimensionare correttamente lo spessore di intonaco da applicare, che generalmente non è mai inferiore ai 2-3 cm.

Questo sistema da buoni risultati e il pieno successo sta nel tipo di prodotto utilizzato e nella corretta applicazione.

Infine la finitura da applicare su intonaco macroporoso deve avere caratteristiche di elevata traspirabilità, tali da non creare una barriera al vapore.